Non cercare di svuotare la mente durante la pratica della mindfulness

Molte persone pensano che praticare la mindfulness significhi svuotare la mente e reprimere i pensieri. Questa è un’interpretazione errata. Innanzitutto, dobbiamo chiarire qual è lo scopo della pratica mindfulness: allenare la nostra consapevolezza e la nostra attenzione, e imparare a gestirle.

Che si tratti di meditazione, respirazione consapevole, camminata consapevole o alimentazione consapevole, tutte queste pratiche servono per allenare attenzione e consapevolezza. Lo scopo della mindfulness non è svuotare la mente.

“Svuotare la mente” è un fenomeno che può emergere durante la pratica. Per esempio, nella meditazione, quando concentriamo l’attenzione sul respiro e riusciamo a mantenere il focus sulle sensazioni del respiro in un punto preciso delle narici, la mente naturalmente non ha più spazio per vagare, e quindi non nascono altri pensieri.

Quindi, “svuotare la mente” non è lo scopo della pratica, ma un effetto collaterale. Se lo prendiamo come obiettivo, allora invertiamo i mezzi con il fine.

Allo stesso modo, praticare la mindfulness non significa reprimere i pensieri. Reprimere vuol dire forzare la mente a eliminare i pensieri dopo che sono nati, o cercare di impedirli prima ancora che si presentino. Ma questa non è la natura del cervello. Non possiamo semplicemente ordinare alla mente di non generare pensieri.Quello che possiamo fare è ancorare la mente attraverso il controllo dell’attenzione. Cercare di bloccare continuamente i pensieri rende la mente ancora più agitata e attiva. La repressione non fa altro che aumentare la tensione e la frustrazione.

Allora, quale atteggiamento dobbiamo avere verso i pensieri che emergono durante la pratica?
Semplicemente, lasciarli andare. Questo è esattamente ciò che si allena con la mindfulness. Ogni volta che l’attenzione si disperde, la mente vaga e produce pensieri. Quando ci accorgiamo di esserci distratti, ricordiamo i principi della mindfulness: non giudizio e accettazione.

Osserviamo i pensieri per quello che sono, senza giudicarli e senza giudicare noi stessi per esserci distratti. Li osserviamo, notiamo come ci sentiamo in quel momento, e con gentilezza riportiamo l’attenzione sul punto focale della pratica. Ogni volta che riportiamo l’attenzione indietro, è un esercizio reale ed efficace. Centinaia o migliaia di volte, sempre lo stesso processo.

E proprio queste centinaia o migliaia di “ritorni” rendono più forti la nostra capacità di attenzione e consapevolezza — come se stessimo allenando un muscolo in palestra. Col tempo noteremo che, se all’inizio ci volevano minuti per accorgerci della distrazione, ora bastano pochi secondi, e il ritorno all’attenzione è più fluido e naturale, senza la lotta iniziale.Questi sono i segnali che la nostra “muscolatura mentale” si sta rafforzando.

Spero che queste spiegazioni possano aiutare a correggere i malintesi più comuni, così da non compromettere la pratica e la qualità della vita.

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